IL TRENO PREPARATO DI JOHN CAGE FORSE IL PIU’ GRANDE STRUMENTO MUSICALE UTILIZZATO IN MUSICA CONTEMPORANEA



Il 26 giugno del 1978 alcuni giovani, meno giovani, musicisti e semplici appassionati, si diedero appuntamento alla Stazione di Bologna per prendere un treno che li avrebbe portati a Rimini, Porretta Terme o Ravenna. Vissero un’esperienza unica partecipando al progetto “Composizione per Treno Preparato alla Ricerca del Silenzio Perduto”, organizzato dal Teatro di Bologna insieme a John Cage.


Numerose le fermate intermedie con canti, danze ed alcuni scomparti riconvertiti in salette di ascolto, a disposizione: musicassette, altoparlanti, video tape e telecamere, all’interno un caro amico del compositore Demetrio Stratos e la sua voce. Un treno sonoro come elemento viaggiante di un Happening con lo stridio delle sue frenate, i suoi fischi, le sue sferragliate sui binari. L’ideatore del viaggio fu il maestro Tito Iotti che insieme a Cage e alle Amministrazioni Locali, portò alla realizzazione il progetto. Forse dopo il passaggio di questi convogli, sarà sembrato silenzioso anche il traffico stradale della costa romagnola in piena stagione estiva. Nel treno anche un quartetto: violino, viola, violoncello e flauto eseguono Mozart e Bach, con un pianoforte a disposizione di tutti. Nelle stazioni intermedie in attesa sulle banchine bande musicali, orchestrine di liscio, gruppi in costume con tamburi e bandiere, ad ogni fermata una esecuzione musicale e una breve rappresentazione a documentazione di una cultura tradizionale locale, le stazioni ferroviarie furono trasformate in animati set musicali frequentatissimi. Dai vagoni attraverso altoparlanti esterni suoni assordanti, registrati nelle stazioni e nei Paesi su 210 cassette da Hidalgo e Walter Marchetti stretti collaboratoti di Cage.



Nei giorni appena successivi la cronaca riportò alcune critiche non certo benevoli: scrive l’Unità…un treno carico di indifferenza…e la Repubblica…un Happening stile Fantozzi… A distanza di molti anni è forse impietoso citare le parole di apprezzati musicisti come Luigi Pestalozza che su Rinascita scrive…anche se non ho assistito all’happening, mi sembra triste e ironicamente contraddittorio affidare il suo successo alle capacità organizzative dei diversi Enti del Turismo, tutto questo mi fa pensare a quello che diceva Lenin “lo spontaneismo non esiste e se esiste è organizzato”. Anche il critico teatrale Franco Quadri esprime un giudizio di sufficienza…sul treno di Cage mi ha colpito soprattutto il paesaggio che si attraversava, il contrasto tra quello che succedeva dentro il treno e la campagna che correva fuori era straordinario, sembravano immagini rubate. Il programma comunque, proprio per la sua base di happening, mi è sembrato un po’ datato. Risente molto degli anni sessanta…In occasione delle varie performance nelle sue dichiarazioni Cage non si smentì, in coerenza con le modalità della sua ricerca : “Io voglio incidere nella mente dell’individuo per trasformarlo, voglio convincerlo che la musica non è affatto quella che si scrive sul pentagramma che si deve eseguire con strumenti precisi: piano, violino, tromba. La musica è nel creato” e alle accuse di snobismo o peggio di egocentrismo e uso di un protagonismo pubblicitario, il maestro risponde tagliando corto “la mia musica è sublime e chi non la capisce peggio per lui”. La provocazione progettata e l’ostentata sicurezza, sono parte del personaggio che si era imposto dalla metà degli anni 30 nel panorama dell’arte contemporanea e della ricerca musicale degli Stati Uniti. Compositore e teorico musicale allievo di Dillon e Lèvy per il pianoforte e di Adolf Weiss e Arnold Schonberg per la composizione, insegna alla Cornish School di Seattle, al Chicago Istitute of Design e alla New School for Social Research di New York. Cage perseguì il superamento delle arbitrarietà insite tanto nei procedimenti compositivi tradizionali, quanto nella pratica dell’improvvisazione e nello stesso atto dell’ascolto. Per il nostro artista la responsabilità del compositore è nel porre domande anziché fare delle scelte. Da tempo è possibile realizzare un’analisi critica sufficientemente seria, inserendo queste cronache musicali in un più generale contesto antropologico e culturale prevalentemente riferito agli anni 60 e 70. Cage inviava provocatoriamente segnali di una necessità concettuale, alcuni intellettuali italiani come ad esempio Umberto Eco, li recepirono e li apprezzarono seguendo con interesse l’evolvere delle varie esperienze sperimentali. Certamente il personaggio ha avuto la capacità di dividere la critica musicale, espressione forse di un eccessivo dogmatismo, dimostrando alcuni limiti o peggio ancora una sudditanza culturale ad un certo perbenismo acritico. Il musicista nel suo lavoro, univa la propria cultura occidentale con chiari riferimenti orientali, forse è proprio per questo che la sua visione dell’arte risultò essere così apertamente circolare ed innovativa. In quegli stessi anni l’editoria italiana proponeva alcune suoi libri oggi preziosi : la Feltrinelli nel 1971 pubblica nella collana Materiali 31 “John Cage Silenzio” Antologia da Silence e A Year from Monday. Nel 1977 Multipla Edizioni pubblica “Per gli Uccelli” conversazioni con Daniel Charles, l’anno successivo Emme Edizioni fa uscire “John Cage Dopo di me il Silenzio (?)” nella collana Hokuspokus, insomma un indiscusso interesse che una parte dell’editoria italiana dimostrò nei confronti dell’artista americano. Terminiamo citandolo…Andavamo ogni giorno in un bosco dove invece di cercare nuovi sentieri da percorrere, io chiesi di cercare, tutti insieme, dei suoni…però dovevano essere suoni prodotti da cose trovate da noi stessi, pietre, rami, foglie, vecchie latte, oggetti metallici, carta e così via. Volevo che si arrivasse a concepire la foresta come un magazzino infinito di strumenti musicali…mi limiterei a suoni che potessero essere prodotti da noi, non all’imitazione di suoni naturali come il vento tra gli alberi, le foglie, l’acqua. Il vento è già uno strumento bellissimo di per sé: avremmo potuto registrarlo ma a quell’epoca i registratoti non erano in vendita. Oggi utilizzerei senz’altro dei piccoli registratori portatili, un po’ come per le macchine fotografiche istantanee… Ecco Cage che in totale autonomia sviluppa le posizioni del movimento Fluxus, il suo approccio nei confronti della cultura internazionale, determina la messa in discussione della nostra struttura armonica. Teorizza la necessità di una metodica del caso studiando l’I Chung cinese e trovando convincimento nelle combinazioni numeriche in un rapporto tra zen e avanguardia dadaista. La sua composizione 4’,33’’ del 1952, trovò un interfaccia creativo in artisti europei come Piero Manzoni ed i suoi Acromes, Yves Klein e la sua galleria vuota dipinta di bianco o Nam June Paik con il film del 1960 costruito senza alcuna immagine. Siamo così sicuri che oggi queste vicende debbano essere lette solo per la loro rilevanza storica? Non abbiamo forse nella nostra epoca necessità di ascoltare, analizzare e riflettere in una società economicamente globale e socialmente così comunicativa? Forse 4’.33’’ di silenzio potrebbero esserci di aiuto.

Stefano Schiavoni Direttore musei: MAM Montecarotto e Nori De Nobili di Trecastelli