Eudemonia di sperimentazione pittorica



Eudemonia di sperimentazione pittorica

Ogni volta che ci troviamo a tu per tu con la pittura di Nori De’ Nobili non possiamo non rimanere sorpresi e ammirati dalla sua capacità di saper essere continuamente diversa, pur rimanendo essenzialmente se stessa.

Nelle opere esposte della mostra Poesia della Materia al Museo di Trecastelli a lei dedicato, si colgono i segni di un quotidiano immaginato, di una inesauribile rappresentazione della sua vita sognata.

Fotografia di Anna Mencaroni

Ogni dipinto è un momento vissuto dentro un recondito e fantastico mondo. In queste opere, appartenenti all’Archivio Nori De’ Nobili, vi è una eudemonia di sperimentazione pittorica, dove Nori intreccia il gusto nella scelta dei materiali con l’intensità dei colori. Il desiderio di sperimentazione è stimolato dall’interesse per la materia: usa carta argentata, lastre radiografiche, pagine di riviste, legno, vari cartoncini, alcuni dei quali recuperati da scatole di cioccolatini; originali supporti che le permettono di fantasticare e sui quali può fare emergere le vibrazioni del suo sentire, in un articolato e cosciente modo di esistere. Nell’itinerario compositivo dell’intrigante artista, caratterizzato dall’utilizzo di diverse tecniche, le figure rappresentate sono come apparizioni nella scena silenziosa. Tutte quelle figure sono realizzate con colori intensi, decisi, e dimostrano quella delicata e profonda poesia che le connota. Nella serie di piccoli ritratti e autoritratti eseguiti su carta argentata ne ricordiamo alcuni, come Ragazza bionda, 1966; Putto, 1966; Nori con basco, 1966; Giovane donna, 1967; Damina del settecento, 1968. Nell’opera su legno Il ventaglio di Nori, 1946, l’artista dipinge su entrambi i lati: uno lo dedica alla musica, raffigurando un suonatore di mandolino e una donna che danza…Forse lei? L’altro lato è dedicato al mondo delle maschere, soggetto di forte valenza simbolica molto amato dall’artista. Ma non solo: nell’opera Minnie, 1966, realizzata su cartoncino, ritrae la sua amata gatta e, nel retro, scrive una poesia dal titolo Alla mia micina Minnie, datata 2 novembre 1966, che recita così: “Come in una fiaba di lontani dì, m’apparisti, salita dal cortile, sull’orlo del balcon, così gentile, così bella e graziosa, o mia Minnie. Nivea, striata di righe in tinta scura, come una zebra, piccola adorata, dal quel dì tu con me sei qui restata. Micina, e scaccia da me quella paura di solitudo, di tutto e di nessuno. Ora ti penso nella mia tristezza come un sogno lontano che mai più alcuno può far tornare. Con gli occhi tuoi giallastri mi fissi, quasi come una carezza. E splendono i tuoi occhi come gli astri”. La poesia testimonia l’amore verso Minnie, la solitudine e lo sgomento per averla persa. Nello spazio della pittura, così come in quello creato dalle parole della poesia, si afferma il bisogno di amore dell’artista, che fa coincidere pittura, poesia, emozione, vita. Ogni opera di Nori può essere letta con un solo sguardo, oppure può essere colta frammento per frammento, in un intrecciarsi di emozioni, che conducono a una sua eternità, perché proprio in questa eternità Nori è viva, intensa e sempre in movimento. Questa è Nori De’ Nobili.

Simona Zava

Operatrice del Museo Nori De’ Nobili